martedì 7 febbraio 2012

L’Osservatore Romano dedica un articolo a Mons. Mariano Campo


Quarant’anni di vita culturale in briciole nelle lettere di Mariano Campo indirizzate al suo migliore amico Mariano Caldarella.

Kant per quel prete non aveva segreti

 «Sono stato invece che a Trieste, a Firenze: capirai, con mia riluttanza e timore, obbligatovi dall’insistenza dell’Assistente generale Mons. Montini della F.u.c.i. Orecchio toscano, roccaforte di strapaese, zona d’influenza di Papini, cultura d’eccezione... Grazie a Dio, me la sono cavata discretamente. Non t’immaginare però chissà che cosa, che tempio aperto e beante di curiosità, che viso d’armi goliardico... No. Una cappella appartata e opportuna (ma una cappella artistica quella dei Pittori’ [...]) e un gruppo modesto ma cortese e attento di universitari in gran parte fucini e fucine. Insomma ne sono sollevato con una gran riconoscenza verso il Signore, e con un’impressione cara di ammirazione verso giovani davvero buoni e generosi. Ne ho ricavato - per conto mio - un maggiore allargamento di vedute e di cuore, uno stimolo a superare quella mia stupida timidità d’orgoglio e di leziosità, una volontà di guardar meglio attorno a me nel cuore dei giovani e nella realtà moderna, e una disposizione più franca e tonizzata a lavorare ed agire» (Lettere a Caldarella a cura di Paolo Grillenzoni, Diocesi di Cefalù, Le Madonìe, 2010, Epistolario pagine 552; Apparato pagine 558, euro 55, parte i, p.124 ). Così il 9 aprile 1930, scrivendo da Milano, il sacerdote e docente universitario Mariano Campo raccontava all’amico Mariano Caldarella (1895-1979), prete anche lui, di aver tenuto una conferenza per i giovani della Federazione Universitaria Cattolica Italiana — siamo nel pieno della presidenza di Igino Righetti e della guida spirituale di don Giovanni Battista Montini.
La lettera fa parte di un corposo epistolario corso tra i due sacerdoti. L’uno cattedratico, studioso di filosofia kantiana, l’altro, il Caldarella, ottimo e austero presbitero della chiesa palermitana che però - se si eccettuano gli anni giovanili che lo videro soldato nella guerra 1915 / 1918 - non si spostò mai dalla natia Sicilia. Tant’è vero che il titolo del volume, privo di sottotitoli esplicativi - «Lettere a Caldarella» - a tutta prima può suscitare un poco di sconcerto nel lettore non specialista di storia locale. L’impressione è subito fugata sfogliando il libro. L’opera è in due parti distinte, in veste accurata e dotata di un minuzioso apparato scientifico di taglio storico, critico e cronologico a cura di Paolo Grillenzoni, docente di Storia della Filosofia presso la sede piacentina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Un lavoro che in 469 lettere, con varietà di toni e di colori nonché con ricchezza di allusioni e di incontri - da Gemelli a Olgiati, da Franceschini a Vanni Rovighi, da Guardini a von Hildebrand solo per ricordare qualche nome - compendia vivacemente quarant’anni di vita culturale. Se il nome di Caldarella può non dire molto, sono noti il nome e l’opera del sacerdote e filosofo siciliano Mariano Campo che nacque a Caltavuturo, in provincia di Palermo, il 23 settembre 1892 e morì a Cefalù il 29 gennaio 1976. Un nome legato in modo particolare all’Università Cattolica del Sacro Cuore e all’università di Trieste. Ancora bambino dopo gli studi elementari Campo era entrato nel seminario di Cefalù dove gradualmente sarebbe maturata la sua chiamata al sacerdozio unita a una intensa passione letteraria e umanistica, attenta alle correnti culturali più vive del momento in Italia e in Europa.
La vocazione agli studi filosofici maturò in un secondo momento, grazie anche all’incontro con una figura di spicco del clero e della vivace cultura palermitana del primo Novecento: monsignor Onofrio Trippodo. Campo si era iscritto nel 1911 alla facoltà di Lettere dell’università di Palermo e sostenne regolarmente gli esami fino al 1913. Quindi fu mandato a Roma - al collegio Capranica - per conseguire la licenza in diritto canonico. Nel 1915 fu ordinato sacerdote. Poi la grande guerra venne a intralciare i suoi studi. Il giovane prete adempì agli obblighi militari: fu tenente cappellano meritandosi, tra l’altro, la medaglia di guerra perché ferito nella sua opera di assistenza e di conforto prestata sul Piave. A guerra finita fu a Cefalù come direttore spirituale del seminario. Si laureò con Giovanni Alfredo Cesareo nel 1921, discutendo una tesi sullo studio del linguaggio. Nel 1929 il vescovo di Cefalù, Giovanni Pulvirenti (proprio quello che in seguito all’assassinio di Matteotti, ricorrendo poco dopo il 25° di regno di Vittorio Emanuele III aveva rifiutato di cantare il Te Deum di ringraziamento) consentì al giovane Campo di trasferirsi a Milano per perfezionare gli studi presso la Cattolica - quindi dalla sede ambrosiana tra il 1929 e il 1939 effettuò diversi e ripetuti spostamenti in Germania e in Austria dove dal 1933 e il 1934 - interessanti i riflessi epistolari sull’ascesa al potere del nazismo - strinse amicizia con il giurista Salvatore Riccobono e il germanista Nicola Accolti Gil Vitale.
Nel 1939 pubblicò in due volumi lo studio Cristiano Wolff e il razionalismo precritico (Milano) base delle successive esplorazioni del pensiero di Kant. Insegnò filosofia alla Cattolica, al liceo San Carlo. E fu anche libero docente di Storia della filosofia presso la facoltà di Lettere nonché lettore presso il Magistero. Dopo la guerra avrebbe pubblicato la Genesi del criticismo kantiano (Varese, 1953). Docente straordinario a Trieste nel 1954, vi operò fino al 1967. Campo ha lasciato una vastissima produzione di saggi, studi e appunti in parte inediti sull’esegesi e sulla critica kantiana.
Raffaele Alessandrini

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